Roberta Zanzonico (Velletri, 1986) è una psichiatria originaria di Rocca Di Papa (Roma). Dopo aver conseguito la laurea in Medicina e Chi...
Roberta Zanzonico (Velletri, 1986) è una psichiatria originaria di Rocca Di Papa (Roma). Dopo aver conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia nel 2010, si trasferisce a Boston, dove consegue la specializzazione in Psichiatria dopo un periodo di ricerca al Massachusetts General Hospital/Harvard Medical School. Completa una Fellowship in teoria psicoanalitica al Boston Psychoanalytic Society and Institute nel 2017. Nel 2018, si trasferisce a Los Angeles per una Fellowship in Consultation and Liaison Psychiatry presso la University of Southern California. Nel 2020, diventa Clinical Instructor presso la UCLA, dove insegna nella facoltà di Medicina e nel Dipartimento di Psichiatra. Oltre alla medicina, le sue passioni sono la musica e la scrittura. Ad Aprile 2019, pubblica il suo primo romanzo con Edizioni Ensemble: Blu Stanzessere. Sempre per Edizioni Ensemble, pubblica due racconti: Agnese e l’Azione nel 2020 e El Niño nel 2021.
Attraverso la lettura. Leggere è una mia passione fin da quando ero bambina. Leggere mi faceva sentire consolata, mi dicevo “ah, ma allora non sono solo io a sentirmi così”. Mi sembrava che ci fosse qualcuno che avesse già capito le emozioni che io provavo e che fosse riuscito a descriverle e farle capire meglio anche a me. Realizzai che scrivere mi aiutava a capire meglio non solo il mondo attorno a me ma anche me stessa. La lettura e la scrittura sono andate di pari passo, e così ho cominciato il mio primo tentativo di romanzo a undici anni. Ora che sono una psichiatra, scrivere ha anche una funzione catartica, mi aiuta processare le tante realtà difficili con cui mi interfaccio.
Dipende dal momento della vita e della routine associata. Per molto tempo ho scritto di pomeriggio/sera, dopo il lavoro. Ora che lavoro nel pomeriggio e ho le mattine disponibili, tendo a scrivere la mattina. Non ho una regola.
Il romanzo parla di una donna di settant’anni che da ormai dieci anni non riesce a formare nuove memorie. La patologia ha un risvolto inatteso: permette, a chi parla con lei, di tornare indietro ai giorni in cui la vita era sembrata gentile. Il passato diventa quindi un luogo di evasione dalla realtà. Potrebbe sembrare un modo per raggiungere felicità (come suggerisce la copertina), eppure il ricordo si svela un rifugio precario in quanto alimentato più dall’illusione che non dalla realtà. Molti degli spunti vengono dalla mia professione: mi sono interfacciata con pazienti affetti dalla stessa sindrome di cui soffre la protagonista, ma ho anche incontrato tante persone nostalgiche e incapaci di vivere nel presente. La nostalgia è qualcosa che conosco molto bene dopo aver vissuto molti anni fuori dall’Italia. L’idea di rimanere fermi nel passato risale invece agli anni dell’università. All’epoca, mi innamorai e poco dopo vidi quella breve relazione finire. Un giorno entrai in un bar, ancora scossa dalla fine recente di quell’amore, e un ragazzo al bacone mi chiese “sola oggi?” (implicando che non ero con il giovane uomo con cui mi aveva visto fino a pochi giorni prima). Per un momento, ho pensato che avrei potuto mentire e rispondere che non ero sola, che lui mi aspettava fuori, che non era cambiato nulla, che quell’amore non era finito, che io ero rimasta ferma ai giorni felici. Non riuscii a dire nulla, ma fu in quel momento che ebbi quest’idea che poi ho ripreso nel romanzo, ossia che se c’è anche solo una persona che crede ancora in una realtà (seppure perduta), allora quella realtà potrebbe esistere nuovamente anche per qualcun’altro.
No. Ho ragionato sulla storia per più di dieci anni e penso di essere riuscita a includere tutti i temi che volevo toccare: la nostalgia per il primo amore, la disperata ricerca di una via di fuga dalla realtà, la malattia mentale e la sofferenza che la accompagna, la disperazione di chi si scopre peggiore di come non avrebbe voluto essere nella vita, la gentilezza di chi vede l’orrore e nonostante tutto non sa portare rancore, la paura, la dolcezza, e molto altro.
“La bellezza rimasta” è una lettura veloce ma che tocca tematiche profonde e invita all’esplorazione di sé. Si prova tenerezza per i personaggi, ci si riscopre nelle loro vulnerabilità. Non è l’umanità perfetta dei social media quella del romanzo, ma una irrisolta e fragile, che si ritrova davanti alle proprie bugie senza capire come affrontarle. Lo consiglio a chiunque voglia interrogarsi sulle proprie vulnerabilità e si senta incuriosito dalla domanda “non è forse più semplice tornare indietro che andare avanti?”.